04 - Session 1: The evenings of the Catanese 'Opera dei Pupi': "canovacci", "parlate lugnhe", full text copy 04 - Session 1 : Le serate dell’Opera dei Pupi catanese. Canovacci, “parlate lunghe”, copione disteso 04 - Session 1 : Les soirées de l'Opera dei pupi de Catane. Canevas, "parlate lunghe", scripts étendus, EN | IT | FR

Paper presented during the 2nd International Conference "Portrait of the Puppeteer as author. Writing practises for puppets in Western Europe (17th-21st century)" at Université Paul Valéry Montpellier 3, 23-25 May 2023 (Horizon 2020 ERC GA 835193).
Summary: The Catanese tradition of the Opera dei Pupi (puppet theatre) is the style of this form of figure theatre that has become established in east...ern Sicily and has also reached Reggio Calabria. In this contribution, I will first discuss the traditional methods that preside over the writing and dramatisation of the se-ral cycles of the Catanese Opera. The Catanese chivalric cycles, which included many other stories besides that of the Paladins of France, were dramatised by the puppeteers in the following manner. On the basis of the popular romance of chivalry published in handouts (one example is the Storia dei Paladini di Francia by Giusto Lodico, 1858-60) and on the basis of previous stagings, the entire cycle (called a story in the jargon) was segmented into a variable number of daily evenings divided into three acts. Each evening had a hand-written plot, designed for the most part like the scenarios of the Commedia dell'Arte: the scenes were written down in succession and for each scene the location of the action with a summary indication of what each character would do and say. Dramatic dialogue would be improvised by the speakers on the basis of experience, the memory of their masters and the codified repertoire of formulated diction that made it possible to set up dialogues in recurring narrative situations.
But in the manner of drafting indicated above, there already existed from the outset an 'au-torial awareness' inaugurated by Don Gaetano Crimi, according to the chronicles the 'founding father' of the Catanese Opira. This authorial 'self-awareness' was handed down in Gaetano Crimi's descendants (his son Giuseppe) and in his direct (Raffaele Trombetta) or indirect (Agrippino Manteo) pupils. Following Don Gaetano's teachings, all the puppeteers just mentioned at important moments in the chivalric tale would suddenly suspend acting and recite monologues or dialogues previously composed and carefully written in full. These dramaturgical inserts with a distended script were called in slang parrati longhi, 'long speeches', and were particularly awaited by audiences in neighbourhood theatres. Of these 'parlate lunghe' I know and have studied those of Don Raffaele Trombetta, Gaetano Crimi's son-in-law. In them, a conscious pedagogical vocation emerges in his theatrical magisterium and such attention and care in style that their author can be credited with good reading taste.
In the 1970s and 1980s - those years in which the puppeteers endeavoured to adapt their shows to the needs of an audience that was no longer popular, nor loyal - this mode of sce-neggiatura with the presence of 'parlate lunghe' (long speeches) underwent a conscious evolution by Nino Amico, son of the parlatori Pasquale Amico and Giuseppina Trombetta and therefore grandson of don Raffaele. Amico carefully read his grandfather's manuscript evenings, studied his 'long speeches' and, loving the pages of great Italian and European literature, consciously matured the 'Goldonian reform' of the Catanese puppet theatre, theorising and writing for the shows of the Napoli brothers inte- grated scripts, in which, while respecting the methods and characters of traditional acting, a more correct, controlled theatrical language with legitimate authorial ambitions gave a new, more authentically literary guise to the contents of the chivalric tale. In addition, Nino Amico reserves a voice for the author, whose interpreters are Peppininu, the dialectal mask of the Catanese puppet theatre, and the devils conjured up by the magicians, a shrewd reminiscence of Pulciano's Astarotte.
The work of the undersigned also belongs to the latter phase. Having internalised Nino Amico's lesson, albeit with some divergences with respect to his dramaturgical choices, I continue today to write, together with my cousin Fiorenzo, the stretched scripts for the Catanese puppet shows that the Mario-nettistica of Fratelli Napoli, active since 1921, proposes to contemporary audiences. The last part of my contribution will therefore be devoted to an exposition of the work I do in writing a script: from consulting ancient and recent literary sources, to examining the canovacci and 'parlate lun-ghe' preserved in my archives and those of my family, to the drafting of the dialogues with the final four-handed revision together with my cousin Fiorenzo.
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Paper presentato durante il secondo convenio internazionale "Portrait of the Puppeteer as author. Pratiche di scrittura per marionette in Europa occidentale (XVII-XI secolo)" presso l'Université Paul Valéry Montpellier 3, 23-25 maggio 2023 (Horizon 2020 ERC GA 835193).
Sintesi : La tradizione catanese dell’Opera dei Pupi è lo stile di questa forma di teatro di figura affermato-si nella Sicilia or...ientale e giunto anche a Reggio Calabria. In questo mio contributo tratterò innanzitutto delle modalità tradizionali che presiedono alla stesura e alla drammatizzazione delle puntate cicliche se-rali dell’Opira catanese. I cicli cavallereschi catanesi, che comprendevano molte altre storie oltre quella dei Paladini di Francia, venivano sceneggiati dai pupari nella maniera seguente. Sulla base del roman-zo popolare cavalleresco pubblicato a dispense (basti come esempio per tutti la Storia dei Paladini di Francia di Giusto Lodico, 1858 – 60) e sulla base di precedenti messinscene l’intero ciclo (chiamato in gergo storia) veniva segmentato in un numero variabile di serate quotidiane divise in tre atti. Cia-scuna serata aveva un canovaccio manoscritto, congegnato in massima parte come gli scenari della Commedia dell’Arte: annotate in successione le scene e per ciascuna il luogo dell’azione con l’indicazione sommaria di ciò che ogni personaggio avrebbe fatto e detto. Il dialogo drammatico sa-rebbe stato improvvisato dai parlatori sulla base dell’esperienza, del ricordo dei loro maestri e del re-pertorio codificato di dizione formulare che rendeva possibile imbastire i dialoghi in situazioni narrati-ve ricorrenti.
Ma nella modalità di stesura supra indicata esisteva già fin dalle origini una “consapevolezza au-toriale” inaugurata da don Gaetano Crimi, secondo le cronache “padre fondatore” dell’Opira catanese. Questa “autocoscienza” autoriale si tramandò nei discendenti di Gaetano Crimi (il figlio Giuseppe) e nei suoi allievi diretti (Raffaele Trombetta) o indiretti (Agrippino Manteo). Seguendo gli insegnamenti di don Gaetano, tutti i pupari appena ricordati in importanti momenti del racconto cavalleresco sospen-devano la recitazione all’improvviso e recitavano monologhi o dialoghi precedentemente composti e scritti con cura per esteso. Questi inserti drammaturgici a copione disteso venivano chiamati in gergo parrati longhi, “parlate lunghe”, ed erano particolarmente attesi dal pubblico dei teatri di quartiere. Di queste “parlate lunghe” conosco e ho studiato quelle di don Raffaele Trombetta, genero di Gaetano Crimi. In esse emergono una consapevole vocazione pedagogica nel proprio magistero teatrale e un’attenzione e una cura nello stile tali da poter attribuire al loro estensore il merito di buon gusto lette-rario.
Negli anni Settanta – Ottanta del Novecento - quegli anni in cui i pupari si sforzano di adattare i loro spettacoli alle esigenze di un pubblico non più popolare, né fidelizzato – questa modalità di sce-neggiatura con la presenza delle “parlate lunghe” ebbe una consapevole evoluzione a opera di Nino Amico, figlio dei parlatori Pasquale Amico e Giuseppina Trombetta e perciò nipote di don Raffaele. Amico legge attentamente le serate manoscritte del nonno, studia le sue “parlate lunghe” e, amando le pagine della grande letteratura italiana ed europea, matura consapevolmente la “riforma goldoniana” dell’Opera dei Pupi catanese, teorizzando e scrivendo per gli spettacoli dei fratelli Napoli copioni inte-ramente distesi, nei quali, pur rispettando modalità e caratteri della recitazione tradizionale, un linguag-gio teatrale più corretto, sorvegliato e con legittime ambizioni autoriali desse una nuova veste più au-tenticamente letteraria ai contenuti del racconto cavalleresco. Inoltre, Nino Amico riserva a sé una voce per l’autore, di cui si fanno interpreti Peppininu, la maschera dialettale del teatro dei pupi catanese, e i diavoli evocati dai maghi, accorta reminiscenza dell’Astarotte pulciano.
A quest’ultima fase appartiene anche il lavoro del sottoscritto. Avendo interiorizzato la lezione di Nino Amico, pur con alcune divergenze rispetto alle sue scelte drammaturgiche, continuo oggi a scri-vere, insieme a mio cugino Fiorenzo, i copioni distesi per gli spettacoli di pupi catanesi che la Mario-nettistica dei Fratelli Napoli, attiva dal 1921, propone al pubblico contemporaneo. L’ultima parte del mio contributo sarà perciò dedicata all’esposizione del lavoro che faccio nella stesura di un copione: dalla consultazione delle fonti letterarie antiche e recenti, all’esame dei canovacci e delle “parlate lun-ghe” conservati nei miei archivi e in quelli di famiglia, alla stesura dei dialoghi con la finale revisione a quattro mani insieme a mio cugino Fiorenzo.
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Communication présentée au deuxième colloque international " Portrait du marionnettiste comme auteur. Pratiques d'écriture pour les marionnettes en Europe occidentale (XVIIe-XIe siècles)" à l'Université Paul Valéry Montpellier 3, 23-25 mai 2023 (Horizon 2020 ERC GA 835193).
Résumé : La tradition catanaise de l'Opera dei Pupi (théâtre de marionnettes à tringle armées) est le style de cette forme d...e théâtre de figures qui s'est établie dans l'est de la Sicile et a également atteint Reggio Calabria. Dans cette contribution, j'aborderai tout d'abord les méthodes traditionnelles qui président à l'écriture et à la dramatisation des cycles chevaleresques de l'opéra catanais. Les cycles chevaleresques catanais, qui comprenaient bien d'autres histoires que celle des Paladins de France, étaient dramatisés par les marionnettistes de la manière suivante. Sur la base des romans populaires de chevalerie publiés dans des brochures (par exemple la Storia dei Paladini di Francia de Giusto Lodico, 1858-60) et sur la base des mises en scène précédentes, le cycle entier (appelé "histoire" dans le jargon) était segmenté en un nombre variable de soirées quotidiennes divisées en trois actes. Chaque soirée avait une trame manuscrite, conçue pour l'essentiel comme les scénarios de la Commedia dell'Arte : les scènes étaient écrites à la suite les unes des autres et, pour chaque scène, le lieu de l'action avec une indication sommaire de ce que chaque personnage allait faire et dire. Les dialogues dramatiques étaient improvisés par les locuteurs sur la base de l'expérience, de la mémoire de leurs maîtres et du répertoire codifié de la récitation orale qui permettait de mettre en place des dialogues dans des situations narratives récurrentes.
Mais dans le mode de rédaction indiqué ci-dessus, il existait déjà dès le début une "conscience auctoriale" inaugurée par Don Gaetano Crimi, selon les chroniques le "père fondateur" de l'Opera catanaise. Cette "conscience de soi" de l'auteur a été transmise à la descendance de Gaetano Crimi (son fils Giuseppe) et à ses élèves directs (Raffaele Trombetta) ou indirects (Agrippino Manteo). Suivant les enseignements de Don Gaetano, tous les marionnettistes mentionnés ci-dessus, à des moments importants du récit chevaleresque, suspendaient soudainement le jeu et récitaient des monologues ou des dialogues préalablement composés et soigneusement écrits dans leur intégralité. Ces inserts dramaturgiques au scénario étoffé étaient appelés en argot "parrati longhi", "longs discours", et étaient particulièrement attendus par le public des théâtres de quartier. De ces "parlate lunghe", je connais et j'ai étudié ceux de Don Raffaele Trombetta, le gendre de Gaetano Crimi. Il s'en dégage une vocation pédagogique consciente dans son magistère théâtral et une telle attention et un tel soin dans le style que l'on peut attribuer à leur auteur un bon goût de lecture.
Dans les années 1970 et 1980 - années au cours desquelles les marionnettistes se sont efforcés d'adapter leurs spectacles aux besoins d'un public qui n'était plus ni populaire, ni fidèle - ce mode d'écriture scénique avec la présence de "parlate lunghe" (longs discours) a subi une évolution consciente de la part de Nino Amico, fils des parlatori Pasquale Amico et Giuseppina Trombetta et donc petit-fils de don Raffaele. Amico lit attentivement les soirées manuscrites de son grand-père, étudie ses "longs discours" et, aimant les pages de la grande littérature italienne et européenne, mûrit consciemment la "réforme goldonienne" du théâtre de marionnettes catanais, en théorisant et en écrivant pour les spectacles des frères Napoli des scénarios intégrés, dans lesquels, tout en respectant les méthodes et les caractères du jeu traditionnel, un langage théâtral plus correct et contrôlé, avec des ambitions d'auteur légitimes, donne un nouveau visage, plus authentiquement littéraire, aux contenus du conte chevaleresque. En outre, Nino Amico réserve une voix à l'auteur, dont les interprètes sont Peppininu, le masque dialectal du théâtre de marionnettes catanais, et les diables évoqués par les magiciens, réminiscence astucieuse de l'Astarotte de Pulciano.
L'œuvre de celui-ci appartient également à cette dernière phase. Ayant intériorisé la leçon de Nino Amico, bien qu'avec quelques divergences par rapport à ses choix dramaturgiques, je continue aujourd'hui à écrire, avec mon cousin Fiorenzo, les scénarios étirés des spectacles de marionnettes catanaises que la "Marionettistica" des Frères Napoli, active depuis 1921, propose au public d'aujourd'hui. La dernière partie de ma contribution sera donc consacrée à l'exposition du travail que j'effectue pour écrire un scénario : de la consultation des sources littéraires anciennes et récentes, à l'examen des "canovacci" (canevas) et des "parlate lunghe" (paroles longues) conservés dans mes archives et celles de ma famille, à la rédaction des dialogues et à la révision finale à quatre mains avec mon cousin Fiorenzo.
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